NON BASTAVA ACCUDIRLO: dovevo imparare ad ascoltarlo
- Francesca Etzi
- 2 ott
- Tempo di lettura: 5 min
Un racconto personale su come ho imparato ad ascoltare davvero mio figlio, e cosa ho scoperto grazie al massaggio infantile.
Quando un neonato entra nella nostra vita, il nostro primo pensiero è accudirlo, prendercene cura, non fargli mancare nulla. Ci concentriamo sui pannolini, sull’allattamento (sia esso naturale o artificiale), sul bagnetto, sui giochi per stimolarlo, sull’abbigliamento comodo e sostenibile... Insomma, facciamo del nostro meglio per rispondere ai suoi bisogni, spesso anche anticipandoli o interpretandoli in base alle nostre aspettative. Così facendo, a volte entriamo in un vortice fatto di frustrazione, senso di responsabilità e, non di rado, inadeguatezza.
Quando il mio bambino era piccolo, anch’io ero immersa in tutto questo: volevo offrirgli il meglio e non fargli mancare nulla, né dal punto di vista fisico né da quello emotivo. È anche per questo che mi sono avvicinata al babywearing prima, e all’educazione a lungo termine poi.
Il cambiamento è avvenuto intorno ai due anni, quando ho sentito il bisogno di accompagnarlo nel lasciare andare il pannolino. Lo vedevo sofferente per il caldo e, nonostante avessi provato con i pannolini lavabili, ero poi tristemente tornata a quelli usa e getta. Così ho deciso di intraprendere un percorso di accompagnamento al vasino, affiancata da una professionista. È stato proprio in quel cammino che ho iniziato a riflettere su un concetto per me nuovo, ma fondamentale.

I bambini, anche quando ancora non parlano, sono piccoli esseri umani completi: hanno volontà, bisogni, desideri. Ci parlano attraverso il pianto, l’irrequietezza, le urla… e intorno ai due anni anche con l'affermazione forte della loro volontà, che noi adulti spesso interpretiamo come capricci. Nei suoi primi due anni di vita, ero talmente concentrata su ciò che io pensavo fosse giusto per lui, da dimenticare un passaggio essenziale: mettermi in ascolto. Non mi chiedevo davvero cosa stesse cercando di comunicarmi con i suoi comportamenti.
Quando poi mi sono formata come insegnante di massaggio infantile AIMI, ho scoperto gli "stati comportamentali" dei bambini, e come questi potessero diventare chiavi preziose per entrare in connessione con loro.
Ma cosa sono, esattamente, gli stati comportamentali? Sono fasi che ogni neonato attraversa durante la giornata, e che ci aiutano a capire qual è il momento migliore per interagire con lui, proporgli un gioco, un momento di contatto o semplicemente rispettare il suo bisogno di riposo. Gli stati comportamentali si suddividono in sei categorie principali:
Sonno profondo: il bambino dorme in modo tranquillo, con respiro regolare. È difficile svegliarlo e ha bisogno di continuare a riposare. E' caratterizzato da assenza di movimenti, basso livello di attività, nessun movimento degli occhi sotto le palpebre chiuse. E' in questo stato che il bambino cresce e si sviluppa.
Sonno leggero: il respiro è irregolare o superficiale, possono esserci piccoli movimenti, smorfie o suzione, brevi sobbalzi e movimenti di scatto. È una fase delicata, in cui può facilmente svegliarsi. Ma è anche una fase in cui si immagazzinano informazioni ed esperienze vissute.
Stato di veglia quieta: è il momento ideale per il contatto e l’interazione. Il bambino è attento, rilassato, osserva e ascolta. Il respiro è regolare e il bambino comunica interesse e concentrazione. In questo stato, il bambino apprende bene ed è ovviamente il momento migliore per proporre il massaggio.
Stato di attività attiva: è caratterizzata da una notevole attività motoria, è più reattivo agli stimoli. Può essere curioso, ma anche facilmente sovra stimolato. Ha quindi difficoltà a concentrarsi. Questo stato ci fa capire che il bambino ha necessità di variare qualcosa perché in presenza di eccessiva stimolazione oppure al contrario noia. Se il bambino si dimostra disponibile, noi genitori possiamo aiutarlo a tornare in uno stato di veglia quieta.
Pianto: è lo stato di massimo stress, caratterizzato da agitazione, smorfie, pelle arrossata. Toni e suoni diversi segnalano differenti significati e bisogni da soddisfare. Il bambino ha bisogno di contenimento, vicinanza e calma.
Stato transitorio: a volte ci sono momenti intermedi tra sonno e veglia che non rientrano perfettamente nelle categorie sopra. Lo sguardo non è definito e le palpebre tendono a chiudersi. La respirazione è variabile, possono esserci leggeri pianti o suoni di lamentela.

Conoscere questi stati aiuta tantissimo: ci permette di osservare con più consapevolezza, di scegliere il momento giusto per proporre un massaggio, una carezza, o semplicemente per accogliere il bisogno del bambino così com’è, senza forzarlo.
Per me è stato come se si aprisse un nuovo mondo. I tanti "puntini" che avevo raccolto negli anni hanno iniziato a collegarsi tra loro, e ho capito quanto conoscere questi strumenti potesse aiutare i genitori non solo a comprendere meglio i segnali dei propri figli, ma anche a riconoscere che, talvolta, alcuni gesti compiuti con amore e cura possono non essere in sintonia con ciò che il bambino sta vivendo.
Parlare di stati comportamentali ci porta naturalmente a un altro tema centrale: la richiesta del permesso, di cui ho già parlato in un precedente articolo. Se iniziamo a vedere il nostro bambino come un essere umano pieno e degno di rispetto fin dai primi mesi, comprendiamo quanto sia importante chiedere il permesso prima di toccarlo, cambiarlo, spostarlo.
Forse ora starai pensando: "Francesca, mi stai dicendo che ogni volta che devo cambiare un pannolino dovrei chiedere il permesso?" Portata all’estremo, la risposta sarebbe sì! Ma capisco che possa sembrare poco realistico, soprattutto all’inizio.
E allora cosa possiamo fare nella quotidianità? Possiamo usare le parole, i gesti, il tono della voce per informare il bambino di ciò che sta per accadere, delle nostre intenzioni, e rimanere in ascolto dei suoi segnali. In questo modo costruiamo fiducia. Il messaggio che passa, se rispettiamo i suoi tempi e la sua volontà, è potente: "Io ci sono. Ti vedo. Ti ascolto."

Non è fantascienza. Credo che ci siano due elementi fondamentali: conoscere la teoria degli stati comportamentali e allenare, giorno dopo giorno, l’osservazione attenta dei segnali che i bambini ci mandano. È un vero e proprio muscolo che alleniamo: quello del rispetto profondo verso l’altro, anche (e soprattutto aggiungo) quando l’altro è il nostro bambino.
Che legame c’è tra tutto questo e il massaggio infantile? Tantissimo. Gli stati comportamentali e la richiesta del permesso sono due temi centrali che esploriamo insieme durante gli incontri, nella parte teorica del corso. Ma non solo. Il massaggio infantile è un meraviglioso esercizio di osservazione e rispetto dei tempi del bambino.
Spesso, durante il corso, capita che il momento in cui si propone il massaggio non coincida con il momento in cui il bambino desidera essere massaggiato. Può avere fame, può essere infastidito dallo spostamento, o magari dal pianto o dalla semplice presenza di altri bambini.
E allora, cosa può fare il genitore?
Osservare. Prendere consapevolezza. Aspettare condizioni più favorevoli. Non è necessario massaggiare subito, ma è importante esserci, con presenza e disponibilità.
Tutto questo lo approfondiamo durante gli incontri del corso di massaggio infantile. Vi accompagno in un percorso che non è solo un apprendimento di tecniche, ma un vero cammino di ascolto e osservazione del vostro bambino.
Se vuoi saperne di più, scrivimi: il prossimo corso parte a ottobre!
E ricorda: non esiste un modo perfetto di essere genitori, ma esiste un modo autentico, fatto di tentativi, scoperte e crescita reciproca. Concediti il tempo di osservare, ascoltare e conoscere davvero il tuo bambino. Anche nei momenti più difficili, stai costruendo una relazione profonda, fatta di rispetto e fiducia. E questo, più di ogni altra cosa, fa la differenza.
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